Agosto 2010, agonia di Governo:  Berlusconi è stato licenziato.
Resiste con tutte le forze alla cacciata, ma ormai è finito,
Ne hanno decretato la fine le componenti maggiori del potere in italia, il Vaticano, la Confindustria.
chiari i segni, Montezemolo si dichiara "deluso", i giornali vaticani lo dichiarano senza progetto e senza guida,
Emma Marcegaglia lo dichiara inconcludente sulle "necessarie riforme"
la destra "istituzionale" lo denuncia come artefice di illegalità e fiancheggiatore di mafie.
Montezemolo: "Dico in pubblico ciò che moltissimi italiani pensano"
Il n. 1 della Ferrari: "La società civile alzi la voce. Parlo per amor di patria, subito la legge elettorale"
13 Agosto 2010 ROBERTO MANIA

"È semplicemente ridicolo pensare che per poter esprimere la mia opinione sullo stato del Paese io debba entrare in politica. Questa è una visione miope e autoreferenziale di una casta". "Io sono un cittadino di questo Paese, pago le tasse, e in Italia ho investimenti significativi".

Luca Cordero di Montezemolo, ex presidente della Confindustria, ex presidente della Fiat, industriale e numero uno della Ferrari, si aspettava le reazioni del Pdl alla sua durissima presa di posizione 1 contro il degrado della politica e in particolare del berlusconismo. Rivendica il diritto di parola nell'"assordante silenzio" che di questi tempi proviene dalla cosiddetta società civile. Ne parla con i suoi collaboratori della Fondazione Italia Futura alla fine di una giornata segnata proprio dall'editoriale della Fondazione che presiede. La sua - ripete - non è una discesa in campo. Non è il nascente Terzo polo che gli interessa. Almeno per ora. Non ha chiesto le elezioni anticipate. Anzi: "Ho detto che sarebbe da irresponsabili andare al voto quando non siamo ancora usciti dalla gravissima crisi economica, come dimostrano gli ultimi dati sulla disoccupazione negli Stati Uniti, e quelli sull'inflazione in Italia. Ho aggiunto che sono contrario al voto con questa legge elettorale che va cambiata come hanno capito tutti gli italiani. Non si possono imboccare scorciatoie che portano solo allo sfascio. Servono le riforme, a cominciare, appunto, dalla legge elettorale: passo decisivo per cambiare questo Paese. Eppure - riflette con gli uomini della Fondazione - nessuno dei tanti che mi invitano a entrare in politica mi ha contestato il merito. Perché? Perché solo in Italia non si può parlare di politica se non si appartiene alla classe dei politici? Non succede in nessun altro Paese. E' come se per parlare di libri si dovesse essere scrittori o per discutere di calcio si dovesse essere centravanti. La partecipazione alle vicende politiche, invece, è una forma moderna di patriottismo". Insiste, il presidente di Italia Futura: "Io sono nella condizione di dire pubblicamente cose che moltissimi italiani pensano e dicono privatamente. Lo faccio in maniera costruttiva per il mio Paese. E' un diritto ma anche un dovere esprimere la propria opinione, soprattutto quando si ha un ruolo di primo piano. Io non ho alcun interesse e, dunque, non starò zitto".

Di politica Montezemolo ha sempre parlato dai tempi in cui presiedeva la Confindustria, cavalcò allora l'ondata di antipolitica e criticò non poco le contraddizioni della coalizione extra-large del governo Prodi. Ma certo è la prima volta che Montezemolo parla così di Berlusconi, del fallimento del ventennio berlusconiano, della fine ingloriosa della Seconda Repubblica nata dalle ceneri di Tangentopoli e a un passo dal crollo, ora, sotto i colpi di una nuova, più insidiosa, questione morale. Perché la novità delle dichiarazioni di Montezemolo - per quanto attraverso la Fondazione - sta nell'attacco diretto al Cavaliere, alla sua incapacità, fattuale, di governare il Paese. E, dall'altra parte, alla sua scarsa propensione alla mediazione per sanare i contrasti interni alle maggioranze (prima con la Lega nel '94, poi con Casini, oggi con Fini). E', in una parola, la mancanza di leadership che Montezemolo rimprovera a Berlusconi. Un re che diventa nudo, per bocca non dell'opposizione ma di un imprenditore che proprio il Cavaliere di Arcore ha tentato più volte di portare con sé. Se non altro perché lo ha sempre considerato un temibile concorrente. Ora è Montezemolo a ricordare che in politica, come nell'imprenditoria, contano i risultati. Il resto sono chiacchiere o politichese. Un affronto per chi ha narrato il "governo del fare".

E' una strategia dei piccoli passi quella di Montezemolo. Nessun imprenditore di peso l'ha seguito nella sua avventura politica (perché comunque di questo si tratta) iniziata con la Fondazione. Molti, per ragioni diverse, ne hanno preso le distanze. E oggi l'uomo di Maranello senza più incarichi di rappresentanza (non più la Confindustria, non più la Luiss, l'università degli industriali, non più la Fiat) ha deciso di giocare fino in fondo questa partita. Ha deciso di ritagliarsi un ruolo politico attraverso una partecipazione civile alle scelte del Paese. Per denunciare il declino della classe politica ma anche per contribuire, fuori da logiche rigide di schieramento, a disegnare uno sbocco alla crisi. "E' la ragione per cui nascono in tutto il mondo i think tank indipendenti", dice. Per ora sta sulla stessa lunghezza d'onda dei paolini di Famiglia Cristiana e del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale. Ma è sulla "società civile" che scommette l'ex presidente della Confindustria.